
Nella rubrica #team of Timosha’s smile di oggi, ti presenteremo una persona che con il suo grande cuore e la sua dedizione a questo delicato lavoro ha dato speranza ai bambini nei tempi più bui. Sin dai primi giorni di guerra, Svitlana Svyrydiuk, coordinatrice del progetto “Evacuazione dei bambini in Italia”, si è preoccupata per ogni famiglia che doveva andare all’estero per curarsi e le ha accompagnate. A volte non aveva il tempo di riposare tra un viaggio e l’altro, ma non si fermava e non rifiutava nessuno.
Scoprirai nella nostra intervista blitz cosa la ispira a un lavoro così instancabile.
Da quanto tempo sei con “Timosha’s smile”?
– Se parliamo dell’inizio della mia presenza attiva, questo risale all’inizio della guerra e dell’evacuazione.
Cosa ti motiva a lavorare in Fondazione?
– La voglia di far parte del progetto Dream.
Cosa ti sorprende di più del lavoro della Fondazione?
– La presenza di Dio. In tutto.
Come hai conosciuto Timoshas smile?
– Attraverso la mia conoscenza con famiglia Sanko. Ero nel gruppo di preghiera che l’ha sostenuta fin dall’inizio delle cure di Tymoshya in Italia.
Perché hai deciso di impegnarti a evacuare i bambini?
– Dopo aver visto il suo annuncio, ho detto a Yulia che conosco l’italiano ed ero pronta ad aiutare. Dopo 2 giorni c’è stata una chiamata: prepararsi e partire.
Quali erano i tuoi compiti durante l’evacuazione?
– Ricevevo un elenco dall’amministratore della Fondazione e chiamavo ogni famiglia per chiarire i dettagli del viaggio. Tenevo le comunicazioni con i conducenti. Davo supporto diretto durante le trasferte. Ricercavo alloggi a Rivne per famiglie che, a causa della guerra, non potevano calcolare la data precisa della partenza per l’Italia. Curavo le comunicazioni con medici italiani che erano in Polonia e in Italia e inviavo gli elenchi dei bambini e la documentazione medica.
Quanti viaggi di evacuazione sono stati organizzati da “Timosha’s smile”?
– Difficile da dire. Si trattava di autobus grandi e piccoli, automobili… trasferimenti autonomi e voli di famiglie non solo in Italia, ma anche in altri paesi: Polonia, Turchia.
Quale tua abilità o esperienza Dio ha usato durante l’evacuazione?
– La conoscenza della lingua italiana e la mia capacità di coordinamento.
Qual è stata la cosa più difficile durante l’evacuazione?
– Era molto difficile lasciare l’Ucraina ogni volta: non sapevo se sarei stata in grado di tornare e mi chiedevo cosa sarebbe successo ai miei parenti durante la mia assenza.
Senza quali cose sarebbe stata impossibile l’evacuazione?
– Senza la collaborazione di chi era pronto ad aiutare: italiani e ucraini, chiese, volontari. Persone semplici dal cuore grande. Ho scoperto un’altra Italia e un’altra Ucraina.
Qual è il ricordo più vivo dei viaggi di evacuazione che hai nel cuore nel cuore?
– Come gli italiani hanno incontrato i bambini a Monza. Abbiamo sempre raggiunto direttamente in pullman questa città.
Mantenete rapporti con le famiglie di chi è andato in Italia per curarsi?
– Con alcuni abbiamo rapporti molto frequenti, amichevoli e costanti.
Oggi è possibile che i bambini ucraini malati di cancro vadano in Italia a curarsi?
– Si.
Cosa deve fare una famiglia ucraina per andare a curarsi in Italia?
– Chiamarci!